undici giugno

Ciao caro Diario, rieccomi qui a chiacchierare con Te.

Meno male che tu non ti offendi se sparisco per tanto tempo e poi torno…ma sai com’è…forse sarai contento di sapere che quando non ti scrivo è perché le cose non vanno poi tanto malaccio…e comunque non mi sento così sola da arrivare a pensare che non posso parlare con nessuno di tutte le piccole grandi cose che accadono nella mia vita. Quotidianità o eventi straordinari……di tutto un po’ insomma.

Tu sai il perché ovviamente….la mia mezza mela o mezza pera (come scherzosamente mi disse lui quando ci conoscemmo e scambiammo le primissime mai dimenticate parole) è lontana da me.

Non solo in pratica a causa della grande distanza che ci separa.

E’ anche una separazione diversa….una separazione di sentimenti e pensieri.

Conseguenza di discussioni, recriminazioni, rabbia….dolore….perdono…insomma..un bel guazzabuglio di sentimenti umani vari…culminati con una serie di messaggi reciproci di scuse, richieste di perdono e ringraziamenti vari da entrambe le parti…ma ….come altre cento volte mi ritrovo così. Abbandonata a me stessa mentre lui – anche per mia scelta e su mio invito – si tiene distante da me. Si…per mia scelta e su mio invito….perché lui a mantenere i contatti con me ci ha sempre tenuto.

Ma non riesco a farlo senza avere troppo spesso scoppi d’ira e eruzioni laviche di sentimenti repressi..o peggio…..sentir rinascere in me speranze.

Avevo scritto speranze ed illusioni….ma illusioni l’ho cancellato.

 

 

Solare

Non smetteva di essere sola

neppure nei giorni in cui la nebbia

le avvolgeva l’anima

e la tristezza le graffiava il cuore.

Accenni di sorrisi

le illuminavano gli occhi.

Indossava la sua malinconia

con leggerezza ed eleganza.

Sospendeva la sua vita

e si guardava dentro,

in attesa che la rabbia si diradasse.

Perché lei non aveva mai fretta,

sapeva sempre aspettarsi.

Le piaceva vedersi tornare.

(Agostino Degas)

..Sognare….

Sono stanca, come tutti i mesi di luglio….il lavoro, i sacrifici…

Ho voglia di ricominciare a sognare….come quando avevo vent’anni e tutto era possibile.

Probabilmente mi contagia Piccola Freccia….con i suoi sogni in erba, freschi e forti.

Fantastici vent’anni…tutto è possibile.

 

un foglio bianco

E se un giorno….

tutto quello che hai scritto nella vita non ha senso.

E se un giorno….

prendi l’album con le pagine scritte e le strappi ad una ad una.

E riprendi un foglio. Un foglio bianco ….tutto stropicciato…non è perfetto per carità. Ma puoi ricominciare a scrivere, colorare.

Un annetto fa ho fatto così. Ho deciso di strappare i fogli scritti….pieni di cose belle e pieni di cose brutte.

I ricordi sguazzano nella mia mente come pesci che ogni tanto ritornano a galla …regalandomi un sorriso o una smorfia di disgusto.

Ho preso il foglio sgualcito che la vita generosa ti lascia sempre tra le mani. Sgualcito si…come sgualcita era la mia anima e poi il mio corpo. Chi l’avrebbe detto che il 2016 avrebbe cambiato completamente la mia vita? Forse era scritto nelle stelle. O forse era scritto nel mio cuore. Certo che quello che mi è accaduto a settembre non era per nulla preventivato…la vita però trova sempre il modo di insegnare qualcos’altro.

Da quasi un anno non ho scritto nulla su quella pagina bianca sgualcita. Ho solo cercato di renderla più liscia. Di farla tornare nel miglior modo possibile….ma nulla ancora ho scritto. Troppo….ero satura di troppo vissuto. Di troppo tentato, di troppo creduto, di troppo lottato, di troppo navigato in un mare che tutto sommato mi era ostile.

Quanta stanchezza ho accumulato. Un anno non è bastato per conquistare tutta la serenità che agogno.

Però è tornata la voglia di scrivere e parlare di bellezza. Quindi….direi che va meglio, no?

Quando sarà tempo di scrivere nuove pagine…sarà tempo. Le stagioni non hanno fretta….quando è tempo arrivano.

 

prima di soffiare su tante candeline…

Non è facile invecchiare con garbo.
Bisogna accertarsi della nuova carne, di nuova pelle, di nuovi solchi, di nuovi nei.

Bisogna lasciarla andare via, la giovinezza, senza mortificarla in una nuova età che non le appartiene, occorre far la pace con il respiro più corto, con la lentezza della rimessa in sesto dopo gli stravizi, con le giunture, con le arterie, coi capelli bianchi all’improvviso, che prendono il posto dei grilli per la testa.

Bisogna farsi nuovi ed amarsi in una nuova era, reinventarsi, continuare ad essere curiosi, ridere e spazzolarsi i denti per farli brillare come minuscole cariche di polvere da sparo.
Bisogna coltivare l’ironia, ricordarsi di sbagliare strada, scegliere con cura gli altri umani, allontanarsi dal sé, ritornarci, cantare, maledire i guru, canzonare i paurosi, stare nudi con fierezza. Invecchiare come si fosse vino, profumando e facendo godere il palato, senza abituarlo agli sbadigli.

Bisogna camminare dritti, saper portare le catene, parlare in altre lingue, detestarsi con parsimonia.
Non è facile invecchiare, ma l’alternativa sarebbe stata di morire ed io ho ancora tante cose da imparare.

~ Cecilia Resio ~

by Ariella Rossi

trovato su fb, condivido qui per ricordare tanta bellezza.

l’ho detto io che è difficile…

Il vento di primavera…

Non conosco la ragazza in foto (immagine scaricata da facebook), sicuramente incarna il prototipo di un futuro lindamente ambiguo ma non la definirei adultescente, piuttosto un architrave concettuale che va via via consolidandosi, chiamiamolo “specchio dei tempi”. Dando per scontato (proviamoci) che trattasi di foto “rubata”, quindi naturale… è pieno giorno, ha il passo spedito, la tazzona di caffè in mano, probabilmente si sta recando sul posto di lavoro, i colleghi attendono alla finestra con ansia il suo arrivo.

Da un punto di vista antropologico, evolutivo, vien da pensare che siano giunti al tramonto gli orpelli, le sovrastrutture, i coadiuvanti che, seppur cangianti nei secoli, hanno fatto da contorno e supporto alla bellezza femminile. Al bando il reggipetto, con o senza ferretto, al bando l’indiscreto perizoma che si infila negli anfratti più intimi creando disagi e malumori nei momenti meno opportuni, al bando barriere storiche come sottovesti, body blindati e short contenitivi.

La neanche tanto bella ragazzotta in foto demolisce, suo malgrado, un universo commerciale, di sicuro non dilapida capitali né arroventa la mastercard in negozi di intimo femminile. Molto più probabilmente alimenta la commercializzazione di accurate cerette, cremine e trattamenti ammorbidenti, idratanti, piallanti, vellutanti, light e magari pure vegani (famigerate alghe). E’ notorio, i pori devono respirare, anche quelli delle mammelle e del monte di venere, altrimenti detto “cameltoe”, non pensavo fosse così diffusa l’asma epidermica. Nell’era dei gruppi ottici led ci si adegua, l’ultimo baluardo della libidine è l’ascella.

Domanda ovvia, cosa spinge una donna ad andare in giro con un out-fit così minimalista? Le risposte sono molteplici… 1) è tirchia, 2) è esibizionista, 3) è vittima di precoci scalmane, 4) è una frettolosa che non ama i preliminari, 5) è avvezza alle quickly da scrivania, 6) si veste al buio mentre ancora sonnecchia, 7) ha fatto un voto, 8) soffre di allergie, 9) ha perso una scommessa, 10) è zoccola.

Facciamo i seri… quando l’universo femminile esce (dovrebbe essere una importante conquista) dal porto del maschilismo, finisce (per fortuna non sempre) col perdersi nella deriva degli eccessi, le ostentazioni, le provocazioni e le finte ingenuità trasformate in discutibili performance, condiscono la pignatta del: “non faccio niente di male”, “voglio sentirmi libera”, “me ne frego di quel che dicono gli altri”. Bella compilation di balle cubiche.

La pubblica morale è suddivisa su due fronti: A) quella bacchettona impositiva, B) quella misteriosa e conturbante, accattivante, carburante della libido, elemento essenziale.Scartiamo tranquillamente il punto “A”, quando una “femmina” ammorba il piacere maschile sacrificandolo in nome di una “proposta” estetica non richiesta, nega la propria natura, i dovuti finti misteri e la propria essenza, dissolve il proprio fascino, ceneri buttate nell’oceano.

Ha senso contrapporre al feticismo maschile, quello che ama la lingerie (imparare a slacciare un reggipetto in pochi secondi), i collant, le autoreggenti, il reggicalze, le mutandine versione “mura di troia” da scavalcare e abbattere sentendosi un “Ulisse”… una nudità palese che pare essere uno scampolo di magazzino??? E’ forse un esercizio del potere “guardare ma non toccare”??? Che senso ha??? E’ come vendere le stufe in Africa oppure i frigoriferi in Alaska.

La valorizzazione del proprio “IO” non è MAI figlia di scorciatoie né di sommari e superficiali arroccamenti, “alternativi” o “controcorrente” che siano, spesso emotivo/difensivi, la valorizzazione del proprio “IO” è sempre frutto di un percorso interiore, articolato, difficile, metabolizzato, introspettivo. Parrà strano ma la cosa più difficile da capire nella vita è ciò che si vuole, non solo, ancor più complicato è tracciare il planning operativo per ottenerlo, andare a tentoni o improvvisare non fa germogliar fiori.

Tullio Antimo da Scruovolo

Scelgo

Scelgo di vivere per scelta, non a caso.
 Io scelgo di apportare modifiche, non scuse.
 Scelgo di essere motivato, non manipolato.
 Scelgo di essere utile, non utilizzato.
 Scelgo l'autostima, non autocommiserazione.
 Scelgo di eccellere, non competere.
 Io scelgo di ascoltare la voce interiore, 
 non a caso le voci della folla.
 La scelta è mia.
 (Alexander Starr)

tratta gli altri come vorresti essere trattato tu

Venti anni fa, lavoravo come tassista per mantenermi. Una notte, dopo una chiamata, alle 2:30 AM, sono arrivato davanti ad un edificio buio tranne una piccola luce che s’intravedeva da una finestra al piano terra.

In tali circostanze, molti avrebbero solo suonato il clacson una o due volte, atteso un minuto e poi se ne sarebbero andati via. Ma ho visto troppe persone che dipendevano dal taxi come loro unico mezzo di trasporto.

Se non mi sembrava un pericolo, io andavo e citofonavo. Così sono andato a bussare alla porta.
“Un momento!” Rispose una voce fragile che sembrava di una persona anziana. Ho sentito che trascinava qualcosa sul pavimento.

Dopo una lunga pausa, la porta si aprì. Una piccola donna, più o meno 80enne si presentò davanti a me. Indossava un abito colorato e un grande cappello con il nastro di velluto appuntato su di esso, come una donna in un film anni ’40. Vicino aveva una piccola valigetta in plastica.

L’appartamento sembrava come se nessuno ci avesse vissuto per anni. Tutti i mobili erano coperti con delle lenzuola. Non c’era nemmeno un orologio, un soprammobile o utensili sugli scaffali. In un angolo c’era un quadro di cartone pieno di foto, protetto da un vetro.
– Può portare il mio bagaglio in macchina? disse lei.

Ho messo la valigia in macchina e poi sono tornato per prendere la donna. Mi prese per un braccio e ci incamminammo lentamente verso la macchina. Ha continuato a ringraziarmi per la gentilezza.
– Niente di che, ho risposto. Cerco di trattare i miei clienti nel modo in cui vorrei che fosse trattata mia madre.
– Oh, sei un ragazzo così buono! ha detto.
Quando sono entrato in macchina, mi ha dato un indirizzo e mi ha chiesto:
– Potrebbe guidare attraverso il centro?
– Non è la via più breve, risposi in fretta.
– Oh, non importa, disse lei. Non ho fretta. Sto andando in un centro anziani…
Ho guardato nello specchietto retrovisore. I suoi occhi brillavano…
– Non ho più nessuno della mia famiglia… ha continuato. Il medico dice che non ho molto tempo… In silenzio, ho cercato il tassametro e l’ho staccato.
– Quale tragitto vuole fare? ho chiesto.
Per le ore successive ho guidato attraverso la città.
Lei mi ha mostrato l’edificio dove una volta aveva lavorato come operatrice all’ascensore.
Ho guidato attraverso il quartiere dove lei e suo marito avevano vissuto appena sposati. Sono passato di fronte ad un deposito di mobili che un tempo era stato una sala da ballo in cui aveva l’abitudine di andare a ballare quando era una ragazza. Qualche volta mi chiedeva di fermarmi di fronte agli edifici o angoli di strada e stare con lei nel buio, contemplare in silenzio.
Con le prime luci dell’alba, improvvisamente mi disse:
– Sono stanca… Andiamo.
Ho guidato in silenzio verso l’indirizzo che mi aveva dato.
Era un edificio basso, una piccola casa con un vialetto che passava sotto un cancelletto. Due persone sono uscite fuori per accoglierci, appena arrivati. Erano molto attenti alla donna. Ho aperto il portabagaglio e portato la piccola valigia alla porta. La donna era già seduta in una sedia a rotelle.
– Quanto ti devo, ha chiesto mentre cercava il portafoglio.
– Niente, ho risposto.
– Ma anche tu devi mantenerti…
– Non preoccupatevi… ci sono altri passeggeri, ho risposto. Quasi senza pensarci, mi chinai e gli diedi un abbraccio. Mi abbracciò fortissimo…
– Hai dato ad una vecchia un momento di gioia, disse. Grazie!
Gli strinsi la mano lasciandola nella luce del mattino.
Dietro di me, la porta si chiuse… Un rumore che chiudeva una vita… Non ho preso altri passeggeri in quel turno…
Ho guidato, perso nei miei pensieri… Per il resto della giornata, potevo malapena parlare.
Che cosa sarebbe successo se quella donna avesse trovato un autista arrabbiato, o uno che era impaziente di finire il suo turno?… Cosa sarebbe stato se avessi rifiutato di prendere la chiamata, o suonare una volta, poi andato via?
Guardando indietro penso di non aver fatto niente di più importante nella mia vita…
Siamo tentati di pensare che le nostre vite ruotano attorno ad alcuni grandi momenti, ma spesso questi grandi momenti ci colgono di sorpresa – ben avvolti in quello che gli altri considererebbero banale.

Questa vita può non essere la festa che si spera, ma mentre siamo qui dobbiamo ballare.

Ogni mattina, quando apro gli occhi, dico: Oggi è un giorno speciale!
Ricordatevi di questo, amici miei: non si può mai tornare indietro…
Tratta le persone come vorresti essere trattato te

dal Web

 

la mamma perfetta :-)

C’era una mamma, una madre madrona,
la mano a saetta, la voce che tuona.
Più che un bambino voleva un soldato
Ma poi crebbe un hippie tutto arruffato.

C’era una mamma, un po’ mamma e un po’ chioccia,
di libertà ne lasciava una goccia,
le nacque una bimba paracadutista
adesso è una stuntman professionista.

C’era una mamma vegana e pittrice,
viveva di tofu col figlio, felice.
“quanti bei posti dipingerai?”
Ma invece il suo Adolfo guidò il Terzo Reich.
Filastrocca del figlio perfetto
Scolpito, pensato come un angioletto
Tu lo volevi un po’ simile a te
e invece “sorpresa!” decide da sé.

C’era una mamma, femminista di razza,
mutande bruciate e tette giù in piazza,
ma ebbe una figlia, un clone di barbie
che va da Intimissimi e spende i miliardi.

C’era una mamma ingessata e ingegnera
sinapsi a quadretti, compita ed austera,
ma il figlio non legge ogni giorno i listini
compila gli oroscopi, descrive destini.

C’era una mamma Bocca di Rosa,
si dice puttana, io dico sciantosa,
il figlio giurò per la castità,
un frate trappista, in povertà.

C’era una mamma, una santa, una suora,
conosce l’amore, ma il piacere lo ignora,
crebbe un bambino, un chierichetto,
fa il pornoattore, un artista del letto.
Filastrocca del figlio perfetto
Scolpito, pensato come un angioletto
Tu lo volevi un po’ simile a te
e invece “sorpresa!” decide da sé.

Filastrocca della mamma imperfetta.
La mamma perfetta un figlio lo accetta.

Enrica Tesio

un bene prezioso…gli amici veri

DA ”LA LUCE NELLA NOTTE PIU’ BUIA”
Dedicato agli amici, quelli veri, quelli che ci sono anche se ti allontani, quelli che se hai un problema non ti dicono ”a domani”, ma restano con te a combattere, quelli che accettano i tuoi sbalzi di umore e, se è il caso, ti aiutano persino a sbagliare se quello sbaglio ti farà stare bene…quelli che non chiedono ma danno, quelli che non pensano ma fanno, quelli che ringrazi Dio o chi per Lui perché ti sono accanto.