sia benedetto il lavoro…

piccola cronistoria delle prime 4 ore di questa mia giornata.
appena sveglia abbastanza serena, poi..mentre mi preparavo per uscire
è lievitata in me l’angoscia franchiana….viaggio in macchina con Piccola Freccia con il viso rigato di lacrime….
arrivo in ufficio in un mare di malinconoia, inquietudine, soliti pensieri sulla mia vita sentimentale che mi danno un malessere diffuso e mi confondono.
dopo un’oretta il mio capo ha cominciato a sommergermi di richieste sulle pratiche che seguo…una via l’altra senza interruzione.
adesso….come stò? bene.
I pensieri di lavoro hanno ripulito la testa di quello che si era risvegliato nella primissima mattinata.
ok….non voglio sprecare questo stato di grazia.
vado a lavorar
vado a lavorar
tarata tarata ta ta ta…
andiamo a lavorar
andiamo a lavorar….

parliamo di lavoro..tanto per cambiare


Non ho mai amato molto il mio lavoro…l’ho sempre sentito freddo.
con una piccola dose di autoironia mi definisco una piccola Fantozzi…il mitico ragioniere…e poi…quando parlo del mio lavoro…una leggera smorfia di disgusto appare sul mio volto…pensando che il massimo della soddisfazione è un bilancio che quadra, un discreto utile?e niente imposte da pagare per la gioia del contribuente.
ovviamente questa è una ben misera interpretazione che farebbe inorridire il mio capo, ma spesso ho sentito così il mio quotidiano lavoro: un arido mondo nel quale vivo per massima parte della mia giornata.
La maggior parte delle persone con le quali hai a che fare ha il portafoglio al posto del cuore e una calcolatrice al posto della testa, insomma…se non fosse che è il lavoro che faccio da tanto tempo ed ho imparato a farlo abbastanza bene, se non fosse per qualche simpatico vecchietto che vediamo per la dichiarazione dei redditi e coglie ogni scusa per venire a far due chiacchiere….verrebbe voglia di prendere la porta, augurare a tutti una vita gioiosa, ricca di soddisfazioni, tanta salute e ricominciare da capo.
cosa mi piacerebbe fare? bhè..i miei giorni adolescenziali sognavano il camice bianco dell’infermiera, sogno abbandonato per un’amicizia appena nata tra i banchi di scuola.
Non volevo perdere quest’amica…e non lasciai la scuola di ragioneria al momento giusto, come dire che ad un bivio della mia vita…invece di girare separando la mia mano da quella della persona alla quale tenevo di più, ho tirato dritto.
poi…di lavori ne ho fatti diversi…non fosse altro perchè ho dovuto iniziare abbastanza presto.
ma ciò che mi ha dato più gioia è stato un biennio in un vivaio.
in realtà avrei dovuto occuparmi anche lì di tristi faccende…come preventivi, fatture, registri.
ma nulla e nessuno poteva impedirmi di gironzolare tra fiori, piante, vasi, portavasi ed oggettistica varia; mi inebriavo di colori, dell?odore della terra bagnata, gironzolavo nella serra a temperature tropicali perfettamente a mio agio, avrebbero dovuto legarmi con una catena alla scrivania per impedirmelo?ma non l?avrebbero mai fatto, ero come dire?la loro giovane mascotte.
la fantasia e la manualità trovavano sfogo tra carta crespa, fiocchi e nastri colorati.
ricordo che ero capace di prendere una piantina di violette africane e farla diventare un piccolo gioiellino.
era bello vedere clienti andar via felici con qualcosa che si vedeva era stato pensato e preparato con amore avendo speso molto poco.
mi divertivo a preparare composizioni di piante d’appartamento, piante grasse…e mi piaceva imparare.
i miei “capi” mi davano libertà decisionale…e poi…adoro lavorare,
sarà che in testa ho sempre avuto una poesia dei tempi di scuola…
peccato non ricordarla esattamente, ma più o meno il senso era questo:
di pane profuma il fornaio,
di vernice il pittore,
di mare il pescatore,
solo chi ozia non profuma di nulla…
anzi puzza anche un pò!
E’ stato qui che ho capito concretamente cosa vuol dire differenza di ceto a livello economico:
ho visto spendere cifre spropositate per cose assolutamente superflue.
Non dimenticherò mai un avvenimento.
Eravamo uno dei primi vivai ad avere la produzione propria di orchidee, un miracolo della natura e ne eravamo tutti fieri, orgogliosissimi.
Venne una ragazza che doveva partecipare ad un matrimonio e voleva fare una sorpresa agli sposi.
Aveva già provveduto al regalo di nozze ed aveva avuto la bella idea di far trovare sul loro tavolo, al ricevimento, una bella composizione floreale.
Una bellissima idea..non c’è che dire.
Optò immediatamente per quanto di più costoso ci fosse, una composizione di orchidee fresche recise, per gli amanti del settore preciso che si trattava di una specie di cattleya di un bianco purissimo…erano bellissime.
Realizzammo un centro tavola stupendo: era come ammirare un pezzo di nuvola caduto per errore su un tavolo…regine adagiate su un letto di delicatissima capelvenere.
Eravamo fieri del risultato ottenuto, ma la cliente no.
Per lei non era sufficientemente vistoso.
Insomma, tutti inorriditi fummo costretti ad inserire al centro della composizione una cannuccia alla sommità della quale ci fece applicare alcuni fiocchi da confezione.
Veniva da piangere ad ammirare tanta bellezza della natura soverchiata da tale pomposa pacchianeria.
E ? ciliegina sulla torta – la frase finale della cliente, mentre noi garantivamo preoccupati la freschezza dei fiori appena recisi scelti con amore ad uno ad uno…quasi sentendoci colpevoli di un’atrocità commessa contro natura per aver tagliato dalla pianta tali meraviglie, lei con un’espressione che per quanto mi sforzi non so comprendere disse: non mi importa che durino anche solo un’ora, l’importante è che facciano effetto quando arrivano gli sposi…l’importante è che si notino.
Ecco, lei non riusciva ad afferrare la bellezza intrinseca di quei fiori, non le importava che morissero o vivessero più di un’ora.
Non sentiva il miracolo della nascita, la meraviglia della vita ed il dolore della morte.
No?per lei ?la bellezza era in quei tre grossi fiocchi messi sulla cannuccia che sovrastava quei fiori straordinari.
Capii quel giorno di tanti anni fà che c’è chi non dà il giusto valore al denaro, non comprende assolutamente che bisogna rispettarlo e non sperperarlo.. il denaro può salvare delle vite o può insultarle…come in questo caso.
E capii che non tutti sappiamo ammirare ciò che c’è di veramente bello in questo nostro mondo.
Purtroppo dovetti cambiare lavoro, problemi di orario incompatibili con la vita che avevo scelto di fare.
Ma oggi…oggi mi sento un po’ meno triste a svolgere questo mio compito di intermediaria tra stato-esattore, cittadino-contribuente.
Viviamo giorni bui, grigi.
Mai vista una recessione così evidente in tanti anni di lavoro.
Fatturati dimezzati, piccoli imprenditori a caccia di finanziamenti, aria di crisi troppo diffusa per non voler vedere che il problema esiste…ed è su larga scala.
Insomma…mi ritrovo a vivere il lato umano del mio lavoro.
Confortare clienti che non capiscono come sia stato possibile che l’anno si è chiuso così negativamente, quindi per la serie: mal comune, mezzo gaudio?rendergli noto che è per tutti lo stesso.
E poi, condividere la tristezza per lo squallore che circonda i più deboli. Mi hanno raccontato di presunti finanziatori dietro i quali si occultano squali pronti a mangiare i pesci più piccoli..in pratica strozzini, vili approfittatori nel momento del bisogno.
Ascolti imprenditori che debbono pagare gli stipendi ed hanno difficoltà di liquidità lamentarsi delle banche ….magari riuscendo anche a fare battute di spirito: le banche fanno il contrario degli ombrelli, si aprono quando c’è il sole, ma restano chiusi quando inizia a piovere.
Insomma…per l’ennesima volta mi rendo conto che si può trovare il lato umano anche nelle scartoffie e nei momenti meno prevedibili.
Insomma…forse il mio lavoro non è poi così estremamente brutto triste e squallido come l’ho solitamente vissuto…posso anche tra le quattro mura del mio ufficio regalare un sorriso, aiutare a ridare una speranza e dare qualche piccolo consiglio a chi ne ha bisogno, talvolta anche chi sembra pensare solo al profitto sente battere il cuore.
Viviamo in un mare pieno di squali e pesciolini….e mi chiedo se mai un giorno gli squali diventeranno “vegetariani” come utopisticamente descritto nel recente film di animazione Shark Tale….sarebbe bello…sarebbe molto bello…bello come una cattleya.